VideograficaeditriceWB01709_.gif (378 byte)WB01709_.gif (378 byte)WB01709_.gif (378 byte) GENERALIZZAZIONI WB01709_.gif (378 byte)WB01709_.gif (378 byte)WB01709_.gif (378 byte) Videograficaeditrice

GIORNALISTICHE

la Repubblica - 17 AGOSTO 1997 Il treno dei desideri

di Turani editorialista della pagina economica del quotidiano la Repubblica

buona lettura dalla Videoeffe


SE NON fossero indispensabili, bisognerebbe avere il coraggio di chiuderle, schiodare i binari e mandare tutti a casa. Parlo, naturalmente, delle Ferrovie. Credo che non ci sia un solo italiano che non sia esasperato contro questo servizio pubblico (di peggio, forse, ci sono solo le Poste). Purtroppo, se ne parla soltanto quando qualche treno vola fuori dai binari e qualcuno (per sua sfortuna) ci rimette la pelle. Grandi discussioni, ministri che vanno e vengono in televisione, poi sull'intera vicenda cala il silenzio. E non è difficile capire perché: i treni sono, ormai, una specie di vergogna nazionale, sulla quale tutti preferiamo sorvolare. E questo è un male. Le Ferrovie italiane sono oggi, in Europa, uno dei più grandi perditori di denaro che esistano. Forse addirittura il maggiore. Nel senso che, a conti fatti, perdono ogni anno sui dieci mila miliardi di lire. Su questa cifra, per la verità, è difficile giurare perché sono tanti i labirinti del bilancio delle Ferrovie che un'attenta analisi si potrebbe anche rivelare perdite vicine ai quindici mila miliardi di lire. E qui è bene fare qualche precisazione. Anche se ci teniamo sulla cifra più bassa, dieci mila miliardi di perdite all'anno, siamo di fronte a un'enormità. In Italia ormai non esiste più niente che perda così tanti soldi, che ogni anno sferri colpi così massicci contro il bilancio dello Stato. Una volta, qualcuno forse ancora se lo ricorda, c'era l'Iri, l'ente-benefattore-clientelare, campione di perdite e di debiti. Ma poi, se il cielo vuole, l'Iri è stato smembrato, quasi distrutto. E la palma del Grande Perditore è passata alle Ferrovie. E questo è un osso duro. Bene o male, la gente si sposta e fare a meno di un servizio ferroviario è impossibile. Quindi le Ferrovie vanno avanti, accumulando passivi assolutamente indecenti. Dieci mila miliardi, tanto per fare un esempio, sono una mezza Finanziaria di medio livello. NATURALMENTE, come accade in tutte le organizzazioni che perdono soldi, c'è sempre qualcuno che promette che nel giro di tre anni non accadrà più e qualcun altro che si proclama salvatore dei bilanci. Nelle Ferrovie abbiamo avuto in abbondanza sia gli uni che gli altri, ma la verità è quella denunciata pochi giorni fa: lo Stato ha dovuto rinunciare a riscuotere dalle Ferrovie tremila miliardi di tasse, se no le ferrovie sarebbero fallite. Ma, si chiederà il lettore, perché mai le Ferrovie italiane perdono così tanti soldi? La prima risposta è molto semplice: perché per decenni e decenni sono state un servizio pubblico. E quindi sono state usate come strumento di consenso. L'importante era che ogni paesino avesse i suoi due o tre treni al giorno, e che le tariffe, i biglietti, fossero abbastanza bassi. Il bilancio non aveva nessuna importanza. Quello che contava veramente era che nel collegio di ogni onorevole o senatore ci fossero abbastanza binari e abbastanza treni. In più, le Ferrovie sono state un servizio pubblico co-gestito con i sindacati. E quindi l'importante era che quello dei ferrovieri fosse un esercito, il più grande esercito possibile. È ben pagato. Alme-no una volta al mese c'è una o due categorie di ferrovieri (dai macchinisti ai capi-stazione) che si mette in sciopero per protestare contro questo e contro quello. Basta fare i con-fronti con le altre ferrovie eu-ropee (persino quelle spagno-le) per capire che in realtà an-drebbero denunciati tutti per truffa ai danni dello Stato non appena pronunciano la parola "sciopero": la loro produtti-vità è talmente bassa che do-vrebbero lavorare, volontaria-mente (e gratis) anche alla do-menica, e in tutte le altre feste comandate. MA QUESTO spiega anche perché è difficile rimette-re a posto le ferrovie. I dirigen-ti passati (e forse anche quelli attuali) dei nostri treni non sa-ranno stati il massimo (e non lo sono stati). Ma c'è una ragione: nes-suno, in realtà, ha mai chiesto loro di gestire davvero le Ferrovie . come un'azienda. L'im-portante era, ripe-to, che i ferrovieri fossero tanti e ben pagati e che i bina-ri corressero su e giù per l'Italia senza preoccu-parsi di tariffe, prezzi, biglietti, costi e ricavi. Na-turalmente, per accontentare tutti è stato ne-cessario risparmiare. E quindi si è risparmiato sul "futuro", cioè sufi'innovazione tecnolo-gica. Credo che oggi le nostre Ferrovie siano le più arretrate d'Europa. E quindi oggi il pro-blema appare quasi irresolubi-le. Da un lato bisogna fare un gigantesco" sforzo di rinnova-mento per fare dei treni italia-ni un servizio almeno decente, dall'altro lato bisognerebbe ri-sparmiare almeno dieci mila miliardi all'anno. Ma dubito che questo si possa fare davve-ro perché, per riuscirci, biso-gnerebbe avere la forza di an-dare contro le mille corpora-zioni che governano i treni (macchinisti, bigliettai, perso-nale a terra, capistazione, ecc.). E nessuno, in questo pae-se dagli equilibri polìtici incer-ti e sempre in movimento, ha voglia di méttersi lancia in re-sta contro i ferrovieri. L'unica strada, allora, sarebbe quella di privatizzare, come peraltro impone una direttiva della Cee. Il governo aveva annun-ciato questa lodevole intenzió-ne qualche mese fa. Ma poi, tanto per cambiare, c'è stato una specie di pronunciamento della categoria e tutto è rien-trato. A riprova del fatto che i treni italiani, in realtà, sono governati dai ferrovieri e dai tòro sindacati. Forse, il governo ha fatto male a concedere alle Ferrovie il rinvio nel pagamento di tré mila miliardi di tasse. Forse, l'unica strada è davvero la-sciare che le Ferrovie italiane falliscano, portino i libri in tri-bunale. Forse, questo è davve-ro l'unico modo per far scop-piare lo scandalo delle Ferro-vie e per convincere i ferrovie-ri che tutto cambia e che anche per loro è giunta l'ora, all'alba del terzo millennio, di metter-si a lavorare sul serio. E per una paga più o meno come quella al chi lavora alla Fiat o alla Montedison. Insomma, per una paga normale.

Videoeffe


 WB01709_.gif (378 byte) WB01709_.gif (378 byte) WB01709_.gif (378 byte)

Come contattarci - Come contattarci - Come contattarci